Il vero potere è nel suono
Dimenticate i soldi, l’oro, i terreni, la new economy e gli influencer…
Dalle rotazioni siderali delle galassie sino al movimento degli elettroni intorno al nucleo, ogni cosa vibra e ogni vibrazione è prima di tutto un suono.
Non stupiamoci quindi se per tutte le culture di ogni tempo e di ogni luogo è stato il suono a creare il nostro universo. La potremmo definire la “nota primordiale” sulla quale sciamani e scienziati si sono trovati d’accordo, perché anche la grande esplosione del Big Bang fu certamente un grandioso spettacolo sonoro.
Una forza creatrice quella del suono quindi, ma altrettanto lo è la sua potenza distruttrice. Ce lo ricorda la Bibbia, con l’episodio del crollo delle mura di Gerico (Giosuè cap. 6 ver. 1-.27), quando il Signore ordinò a Giosue di marciare per sette giorni attorno alle mura di Gerico facendo suonare ai sacerdoti una tromba fatta di corno di ariete e facendo lanciare, il settimo giorno, anche il grido di guerra ai suoi soldati. Fu così che le possenti ed inespugnabili mura della città fortificata collassarono e gli ebrei poterono conquistare la città. Un evento che è più verosimile di quanto si possa pensare, tanto che un episodio altrettanto drammatico è stato ben documentato da foto e video nel 1940. A Tacoma, una cittadina degli Stati Uniti, il terzo ponte sospeso più lungo del mondo crollò nel giro di pochi minuti, a causa delle vibrazioni sonore originate dallo scorrere del forte vento attorno alla struttura che, è bene sottolinearlo, aveva solo 4 mesi di vita.
Anche il corpo dell’essere umano non si sottrae all’impulso creativo-distruttivo del suono. Ogni nostro organo, ogni nostra cellula, ogni nostro tessuto, muscolo e osso vibra ad una precisa frequenza, che è diversa per ciascun essere vivente. E quello che è ancora più stupefacente è che insieme, questi miliardi di componenti ognuna con la sua vibrazione specifica, compongono una sorta di sinfonia vitale, un ritmo vibratorio che ci tiene in vita e ci distingue da ogni altro essere.
E siccome stiamo parlando di leggi universali, non troppi anni fa un gruppo di astronomi coreani ha scoperto che anche le galassie assumono comportamenti del tutto identici. Ci sono infatti ammassi di stelle tra loro distantissimi (parliamo di venti milioni di anni luce) che si muovono in sincronia e questo movimento, ormai non dovrebbe più stupirci, produce un armonico. Come e perché questo succeda ancora non si sa, ma si suppone che vi sia una qualche forma di energia (o di materia) che tiene legate tutte le 445 galassie osservate. Più presumibilmente però è l’intero universo ad essere legato ed intonato su frequenze vitali e creatrici.
Facciamo quindi un passo avanti, nemmeno poi così ardito, e osserviamo da questa prospettiva (magica e scientifica insieme) un organo qualsiasi del nostro corpo. Se questi è sano, esso avrà le molecole che operano in relazione armoniosa tra loro e così facendo emetteranno un modello sonoro fisiologico. Se però un tipo diverso di suono (e quindi di molecola, ad esempio cancerosa) dovesse entrare nell’organo, la relazione armoniosa ne verrebbe compromessa. Se queste nuove frequenze fossero vibrazioni deboli, verrebbero sovrastate dalle vibrazioni originali più forti. Ma se le vibrazioni esterne dovessero invece risultare più forti, potrebbero avere la capacità di imporre il loro modello disarmonico nell’organo e si originerebbe così quella che noi chiamiamo malattia e che dal punto di vista vibrazionale apparirebbe come una sorta di “stonatura”.
Da questo assunto se ne ricava quindi che, se ci fosse la possibilità di riconoscere e monitorare i modelli di frequenza armonica del nostro corpo, potremmo accorgerci sul nascere di ogni disarmonia e prevenire le malattie. Se poi ci fosse anche un altro strumento in grado di rinforzare i modelli armonici del nostro corpo e/o di neutralizzare le vibrazioni estranee, avremmo anche l’opportunità di guarire.
Forse vi stupirà sapere che apparecchiature di entrambi i tipi esistono già. Alcune da diversi millenni, altre sono nate negli ultimi decenni, sfruttando tecnologie molto meno sofisticate di quanto si possa trovare oggi in un comune smartphone.
Facciano adesso un passo indietro: già nella Grecia classica e ancora prima in India, in Tibet e nell’Egitto dei faraoni era nota la stretta correlazione tra musica e salute e di più ancora quella tra la musica e la guarigione. Il noto mantra OM della tradizione buddhista, ad esempio, non sarebbe altro che la riproduzione del suono (o meglio della vibrazione) primordiale all’origine dell’Universo e per questo pregno di enormi poteri.
Nell’antica Grecia, Apollo era contemporaneamente il dio della musica e della medicina. Strano vero? All’epoca non esistevano naturalmente gli ospedali così come li intendiamo oggi, tuttavia nei templi dedicati ad Apollo si praticavano riti di guarigione attraverso l’armonizzazione del corpo e dell’anima sfruttando la musica sacra.
Il grande Pitagora poi, si diceva certo che l’Universo non fosse altro che uno strumento musicale in grado di suonare una sola nota, la nota creatrice appunto, in grado di dare vita, preservarla o toglierla.
Molto più a nord, dove era prevalente la cultura celtica, i saperi circa l’origine del mondo e i poteri del suono erano sorprendentemente simili. Per i druidi la Natura si manifestava in due modi: in modo visibile, attraverso le piante gli animali, il meteo ecc. e attraverso un potere invisibile ma estremamente stimolante e capace di originare un grande potere creativo e questa era appunto la musica della natura. Questa musica era anche all’origine delle foreste e del cielo, delle stelle e delle acque. Per gli sciamani celti il vero contatto con la natura avveniva proprio originando vibrazioni primordiali in grado di creare e distruggere, guarire e uccidere.
Estremamente interessanti per questo ragionamento sono anche le tradizioni degli aborigeni australiani, i quali utilizzano il didjeridu: uno strumento ancestrale ricavato da un albero scavato dai tarli, con il quale si può produrre una nota davvero molto bassa e ricca di armonici. Questo strumento viene utilizzato durante le cerimonie religiose, perché è loro convinzione che prima degli uomini sul nostro pianeta vivessero altri esseri chiamati Wandjina, i creatori di tutte le cose (uomo compreso). Una volta completato il progetto di creazione del mondo, i Wandjina lasciarono il pianeta ma non prima di far dono agli aborigeni di uno strumento in grado di creare una specie di portale interdimensionale attraverso il suono, capace di mettere in contatto l’uomo con il suo creatore. Questo strumento è appunto il didjeridu a cui sono attribuite molte proprietà taumaturgiche
Tornando in Italia si può constatare come anche la nostra cultura riconosca alla musica facoltà straordinarie. Troviamo un bell’esempio nel termine “incantesimo”, che significa appunto operare sortilegi magici attraverso il potere del canto.
Tutto questo potrebbe apparire una semplice carrellata sul folklore della nostra civiltà o, al peggio, un revival new age; invece la scienza ha provato la validità di queste conoscenze arcaiche e profonde.
Nella seconda metà degli anni ’60 il medico francese Afred Tomatis, uno specialista in otorinolaringoiatria rinomato ed esperto, dovette affrontare un caso singolare che aprì la strada ad un’intera generazione di studiosi. Era successo che dopo il Concilio Vaticano Secondo, un abate domenicano francese decise di interrompere la liturgia del canto (che impegnava i confratelli per 6 ore al giorno) così che si dedicassero ad opere più calate nella realtà dell’oggi, come richiesto dal Concilio. Dopo poche settimane di “digiuno dal canto” i confratelli cominciarono a soffrire di depressione e spossatezza che nessuno dei molti luminari interpellati riusciva a guarire. La prima diagnosi che fu tentata parlò di denutrizione, cosa possibile per dei frati ritirati in convento. Ecco che il medico prescrisse l’interruzione della dieta vegetariana (si noti che in quel convento erano vegetariani da 900 anni n.d.r.). Nutrendosi di carne e patate però, i poveri monaci peggiorarono la loro già precaria salute. Fu solo dopo diverse altre ipotesi e relative terapie inefficaci che giunsero ad interpellare il Dr. Tomatis, il quale ristabilì subito sia la dieta vegetariana sia, soprattutto, la pratica del canto quotidiano. A quel punto la guarigione fu così rapida e completa che indusse il Dr. Tomatis a farne un caso di studio. Quello che ne risultò fu che l’orecchio pare non abbia solo funzioni uditive, ma al contrario, la sua funzione principale sarebbe quella di stimolare attraverso il suono la corteccia cerebrale e provvedere in questo modo al 95% dell’energia necessaria al corpo e alla mente. Il canto gregoriano in particolare, grazie al suo ampio spettro sonoro che si estende dai 70 ai 9.000 cicli al secondo, sarebbe l’equivalente di un “pasto completo” per il nostro organismo. Una caratteristica che, oltretutto, è condivisa da un altro notissimo coro, ovvero l’Accordo a una voce dei già citati monaci tibetani.
Ad integrare la ricerca del Dr. Tomatis qualche decennio più tardi fu un altro luminare, il Dr.
Mark S. Rider, uno scienziato con master in biofeedback e neurofeedback, con bacellerato in Musica ottenuto all’Università dell’Ohio, che insegna psicofarmacologia all’University of North Texas. Rider ha dimostrato che l’ascolto della musica influisce profondamente sulla fisiologia dell’essere vivente e questa influenza varia al variare della tipologia di suoni (o musica) ascoltata. La più salutare pare essere il canto del coro armonico, il cui ascolto provoca un rallentamento del battito cardiaco, della respirazione e della risposta epidermica galvanica.
Agli inizi degli anni ’90 due scienziati di nome Schreckenberg e Bird, neurobiologo il primo e fisico il secondo, provarono le loro teorie su delle cavie. Ad un primo gruppo vennero somministrati valzer di Strauss mentre un secondo gruppo venne molestato con suoni sgraziati, percussivi e incessanti.
Come è facilmente ipotizzabile, il secondo gruppo mostrò presto i segni di un logoramento provocato da un cambiamento strutturale delle cellule cerebrali, la cui conseguenza fu un deficit cognitivo importante.
La buona notizia è che una ventina di anni dopo, il neurologo Fernando Nottebhom scoprì anche la capacità inversa, ovvero quella di generare nuove cellule cerebrali (neurogenesi) in una particolare specie di uccelli che ha la caratteristica di riuscire a produrre due note contemporaneamente. Questa entusiasmante scoperta ha aperto quindi alla possibilità di recuperare, anche per noi esseri umani, le parti del cervello danneggiate da malattie degenerative o da altre patologie.
La nuova frontiera medica pertanto, indicherebbe come possibile ed efficace l’uso del suono creato ad hoc per la parte malata, così da favorire un riequilibrio armonico e di conseguenza la guarigione, il recupero e la riabilitazione.
Come accennato all’inizio, la conoscenza di questi suoni curativi ad hoc esiste già, tanto nella sua versione arcaica-tradizionale (musica e canto sacro, mantra, incantesimi, vocalizzi…) sia nella sua versione attuale.
Tra quest’ultimi merita citazione lo strumento cimatico ideato Hans Jenny, un medico svizzero che per buona parte della sua vita ha studiato la capacità del suono di influire sulla struttura chimica del corpo umano. A sfruttare appieno le potenzialità dello strumento cimatico fu tuttavia il Dr. Manners, un osteopata inglese che lo utilizzò per mettere a punto la sua “terapia sonora” con cui curò per più di vent’anni diverse malattie di sua competenza. La sua teoria si basava sul presupposto che la malattia fosse, appunto, una stonatura e che si potessero ricreare artificialmente delle particolari frequenze capaci di porre in risonanza le stonature per riallinearle. Il suo apparecchio consisteva in un pc e un generatore di suoni che veniva posto sopra la parte malata, dopo che il pc aveva individuato la frequenza anomala con uno scanner sonoro. Nonostante le sue terapie produssero buoni risultati e le premesse fossero comunemente accettate, la comunità scientifica si è mostrata pressoché indifferente.
Chi ci credette fu invece Judith Hitt, un’infermiera statunitense specializzata in riabilitazione che ha applicato le proprietà di neurogenesi del suono ai suoi pazienti, solitamente colpiti da ictus e altre patologie neurologiche. Judith ha scoperto che è possibile far vibrare zone specifiche del cervello utilizzando particolari frequenze che non solo variano da persona a persona, ma anche di giorno in giorno sulla stessa persona. Per individuare la zona e la frequenza interessata dalla patologia, Judith chiede al paziente di immaginare di stringere il pugno della mano destra (se ad esempio il problema fosse all’arto destro) e di provare a concentrarsi sulle sensazioni di avere una mano chiusa a pugno. Più l’intenzione sarà focalizzata e più chiaro sarà il segnale da far risuonare. In seguito fa eseguire al paziente una serie specifica di vocalizzi, per altro mutuati dalle antiche tradizioni, che hanno il compito di eliminare i blocchi e ripristinare la comunicazione tra il cervello e la parte colpita (l’arto destro nell’esempio). I risultati ottenuti da Judith sono talmente notevoli da averla fatta diventare una star e una conferenziere molto richiesta. Il suo corso di Harp Therapy, ad esempio, è una “experience” molto quotata e frequentata a livello internazionale.
Non bastasse tutto questo, è utile sapere che il Dr. Jenny e il suo dispositivo cinematico hanno regalato al mondo un’altra clamorosa scoperta: la capacità del suono di creare forme geometriche.
Qualsiasi materia trattabile, sia essa solida o liquida, dura o morbida, naturale o artificiale, sollecitata da onde sonore prende a muoversi sino a disporsi informe precise e bellissime.
Nei suoi primi esperimenti il Dr. Jenny pose acqua, plastica, sabbia e altri materiali su un piatto di metallo che poi fece vibrare a diverse frequenze. Quello che ne venne fuori fu stupefacente: stelle marine, organi umani, forme di batteri, solidi platonici creati dal nulla, utilizzando masse informi e frequenze sonore. Jenny fu ispirato in questa sua ricerca da uno scienziato vissuto nella seconda metà del ‘700 di nome Ernst Florens Friedrich Chladni il quale, facendo vibrare con l’archetto del suo violino della sabbia sopra un vetro, creava delle sinuose, simmetriche quanto suggestive figure.
Se il Dr. Jenny si è ispirato a Chladni, è bene sapere che nemmeno quest’ultimo è stato il pioniere assoluto. La misteriosa tribù amerinda degli Hopy, che tutti gli altri nativi americani definiscono “la più vecchia tribù della gente”, afferma da qualche migliaio di anni che “nei tempi antichi i loro sciamani proferivano parole sopra la sabbia e creavano modelli”
La carrellata di mistici, filosofi e scienziati che si è occupata delle proprietà del suono (e ha provato a divulgarle n.d.r.) è considerevolmente lunga. Una citazione a pare merita in ogni caso il lavoro di Masaru Emoto, che per decenni ha studiato le interazioni tra suono e acqua. In particolare Emoto, nei suoi esperimenti, ha sottoposto acqua congelata (ghiaccio) a vibrazioni originate da parole di affetto, amore, stima e amicizia. In quel caso le forme che i cristalli di ghiaccio assumevano e che lui fissava in stupefacenti fotografie, erano armoniose, geometriche e affascinanti. Quando invece il ghiaccio era investito da parole di rabbia o da rumori originati da rotture di oggetti, le forme erano sgraziate, asimmetriche e inquietanti.
Tutte queste persone, questi esperimenti, così come tutte le nostre conoscenze misteriche e ancestrali, dimostrano quando potente, universale e comprensibilissima sia la lingua del suono, con la quale la sabbia, l’acqua, i nostri organi e persino la plastica sanno interagire senza fallo di interpretazione. Per qualche ragione, queste proprietà sono sempre state studiate da ricercatori indipendenti, pur accreditati dal mondo accademico, mentre i grandi budget di ricerca (bigpharma, università, fondazioni, centri di ricerca ecc.) hanno ignorato sistematicamente questo ambito che appare, a buon senso, molto promettente.
Verrebbe da chiedersi perché?... ma al momento non ho tempo per rispondere. Devo correre a vaccinarmi. La Pfeizer mi aspetta… sono loro la vera scienza. Spetta a loro e ad AstraZeneca prendersi amorevole cura della nostra salute.