Marocchinate
Nel luglio del 1943 gli alleati sbarcano in Sicilia e comincia la “liberazione”. L’8 settembre dello stesso anno l’Italia si arrende e il generale Badoglio firma l’armistizio. In qualsiasi libro di storia, in qualsiasi film che tratti questo argomento e in tutta la narrativa nazionale, quella data (che ricorreva ieri ndr) segna la fine della guerra, la ritrovata libertà e la fine di una dittatura sanguinaria e criminale.
Come accade troppo spesso per i miei gusti, la verità è di molto fuori centro e per accorgersene lo sforzo è minimo, basta consultare i documenti. Perché i documenti ci sono e sono disponibili. Ho quindi pensato di farvi un riassunto di quello che è accaduto dopo la “Liberazione”, dopo la “Fine della guerra” e dopo aver ritrovato la “Libertà” e la “Gioia di vivere”.
In questo primo contributo mi concentrerò sui crimini passati alla storia come le “Marocchinate! Il nome fa bene intendere che parleremo di eccidi, stupri, abigeato e devastazione ad opera delle truppe marocchine che affollavano il contingente francese occupante dopo la fine della guerra.
Attenzione: qui si parla di orrori avvenuti dopo la fine della guerra, non durante la guerra, cosa che sarebbe stata altrettanto inaccettabile ma comprensibile.
Il 26 dicembre ad esempio, a Maddaloni (Caserta), tre marocchini stuprarono una giovane minorenne. Il giorno dopo, ad Atella (Napoli), una casalinga di 19 anni venne violentata per un’ora da 3 militari arabi del contingente francese. Il 23 febbraio del ’44, a quasi sei mesi dalla fine della guerra, a Sessa Aurunca (Caserta), 6 militari marocchini fecero irruzione in una casa colonica e violentarono una donna di 31 anni di fronte al marito.
Tra il 2 e il 5 maggio 1944 i reparti marocchini infierirono contro la popolazione del Lazio. Squadracce di soldati nordafricani entrarono nelle case degli italiani con le armi e stuprarono moltissime donne davanti agli occhi dei loro famigliari. Spesso dopo le violenze carnali di gruppo si dilettavano a depredare le vittime civili di ogni avere (soldi, orologi, gioielli e bestiame). In alcuni casi incendiarono anche le abitazioni per puro divertimento.
In soli quattro giorni vennero accertati 13 omicidi, 250 rapine, 303 furti e 396 violenze carnali di cui tre a danno di uomini (le istanze LGBTQ erano evidentemente bene accolte nell’islam dell’epoca) mentre le restanti riguardavano donne di età compresa tra i 12 e i 65 anni.
Dopo il 17 maggio, l’intera popolazione femminile di Esperia (Frosinone) venne violentata in maniera bestiale e gli ufficiali a capo delle truppe, oltre a partecipare attivamente alle orge, aizzavano i propri soldati a compiere maggiori violenze.
Una settantenne semiparalitica rimasta in casa sola con la nipote diciassettenne fu vergognosamente assalita da 5 marocchini che, dopo averla ridotta in fin di vita con stupri e sevizie, si lanciarono con maggiore ardore sulla povera ragazza. Le donne che si opponevano venivano picchiate e ridotte in brandelli, ma lo stesso tipo di trattamento venne riservato anche ad alcuni uomini.
Le violenze contro i civili della Ciociaria proseguirono ininterrottamente fino al 25 maggio, e tra le vittime degli stupri ci furono anche un bambino di 13 anni, delle bimbe di 7, 10, 11 e 12 anni e una donna di 81. Una cinquantenne che aveva opposto resistenza, invece, venne barbaramente sgozzata dopo lo stupro. Tutti coloro che cercarono di difendere madri, figlie, sorelle e mogli furono trucidati.
La popolazione subì così tanti lutti e umiliazioni che alcune donne impazzirono o si suicidarono per la vergogna. Quando i soldati francesi di colore se ne andarono dal piccolo comune di Lenola (Latina), ben 131 donne di età compresa tra i 13 e i 74 anni ebbero il coraggio di denunciare gli stupri e le rapine. Nell’elenco delle vittime c’erano 3 bambini e un anziano di 82 anni, ma il rapporto del questore precisò che il numero delle denunce presentate ai carabinieri non rappresentava neppure un terzo di quello reale, in quanto la maggioranza delle vittime preferì nascondere ciò che era accaduto per questioni d’onore.
Niente e nessuno sembrava poter fermare l’orda barbarica islamico-alleata e dai verbali redatti dalle forze dell’ordine italiane risulta che nel solo mese di giugno 1944 si verificarono 626 casi di violenza carnale accertata.
Nel corso della campagna d’Italia questi “liberatori” brutalizzarono 23.265 civili inermi accertati (il numero di quelli omessi è ignoto ma ipotizzabile in più del doppio) tra cui donne, bambini, anziani e membri delle forze dell’ordine.
Una relazione riservata (perché riservata?) della Direzione Generale della Sanità Pubblica dell’autunno del 1944 denunciò il dramma di «circa 1100 donne della provincia di Frosinone e di altre 2000 della provincia di Latina, che a seguito delle violenze carnali subite dalle truppe marocchine del contingente alleato era rimasta incinta e aveva contratto delle malattie veneree».
Dopo questi fatti, parzialmente raccontati dalla cinematografia nel film La ciociara, molte vittime giunsero addirittura a dichiarare che erano meglio i tedeschi, perché almeno si limitavano a portare via il bestiame. Questa circostanza mi è anche stata confermata personalmente dal 4 volte sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, che al tempo dell’occupazione tedesca abitava a poche decine di metri dal quartiere generale tedesco della città di Treviso.
La relazione scritta dal generale dei carabinieri Taddeo Orlando sulle atrocità compiute dal contingente francese quando «liberò» l’isola d’Elba è agghiacciante:
Il 17 giugno 1944, alle ore 2 circa, avevano inizio le operazioni militari per la liberazione dell’Elba, che superata la difesa, in alcune zone accanita, dei reparti tedeschi e repubblicani, veniva completamente liberata il 19 successivo. Le operazioni furono compiute da una divisione coloniale degaullista, su due brigate (17.400 uomini), appoggiata da 10 batterie di medi e grossi calibri. Trattavasi di truppe di colore (senegalesi e marocchine) inquadrate da ufficiali francesi, molti dei quali corsi. Terminate le operazioni, queste truppe si abbandonavano, verso la popolazione dell’isola, ad ogni sorta di eccessi, violentando, rapinando, derubando, depredando paesi e case coloniche, razziando bestiame, vino (l’Islam di allora deve essere stato proprio un paradiso, citofonare Afganistan ndr) ed uccidendo coloro che tentavano di opporsi ai loro arbitri. Dettero l’impressione alla popolazione atterrita di voler sfogare un profondo sentimento di vendetta e di odio. Gli ufficiali assistettero indifferenti a tanto scempio, soliti rispondere a coloro che ne invocavano l’intervento: «È la guerra, sono dei selvaggi, non c’è nulla da fare, questo è nulla rispetto a quello che hanno fatto gli italiani in Corsica». I più accaniti si dimostrarono i corsi. Nella popolazione, che aveva atteso con ansia, durante i lunghi mesi di persecuzione tedesca, il momento della liberazione, corse un’ondata d’indignazione. Abbandonata, si ritirò dalle case sulle montagne e attese il ritorno della normalità, che si ebbe solo con la partenza di questi reparti, avvenuta 25 giorni dopo. Perché gli eccessi commessi e specie gli atti di libidine compiuti siano noti alle autorità centrali, l’Arma locale ha compiuto al riguardo diligenti accertamenti che hanno dato il seguente risultato statistico.
a) VIOLENZE COMMESSE SU DONNE, RAGAZZE E BAMBINI:
n. 191 casi; oltre 20 tentate violenze su donne e una su bambine.
b) UCCISIONI:
in Capoliveri, ucciso il padre che tentava di opporsi alla violenza su sua figlia (ugualmente violentata dopo l’assassinio del genitore); in Portolongone, uccisi due uomini che cercavano di impedire violenze sulle loro spose; in Campo d’Elba, uccisi due uomini che tentavano di opporsi alle violenze sulle loro donne; ed un altro uomo che voleva impedire il saccheggio della propria casa; in Portoferraio, ucciso il padre che tentava di opporsi alle violenze sulla propria figlia; trucidati due uomini mentre da un rifugio cercavano di raggiungere la propria abitazione per prendervi generi alimentari da mangiare; ucciso giovane studente da un sottufficiale corso perché «sua madre piangeva»; sempre in Portoferraio, durante il coprifuoco, un soldato marocchino, infine, freddava con due colpi di fucile una ragazza del luogo ed un sottufficiale francese che si accompagnava con lei.
c) RAPINE CONSUMATE:
si possono calcolare a centinaia, per valore di milioni di lire (asportati orologi, portafogli, valute, anelli, gioielli, etc.).
d) FURTI:
a migliaia per importi di milioni di lire.
e) BESTIAME RAZZIATO:
n. 31 bovini, 23 suini, 46 ovini, 569 conigli, 675 polli. Vennero inoltre asportati oltre 33.587 litri di vino.
f) ECCESSI VARI:
venne, in territorio di Portolongone, incendiata una casa colonica, completamente arredata; sequestrati apparecchi radio, macchine da scrivere, mobili vari.
g) Il comportamento verso l’Arma fu anche deplorevole. Sottufficiali e carabinieri percossi e derubati di portafogli ed orologi. Un carabiniere deportato in Corsica e rilasciato solo dopo 10 giorni. Le caserme saccheggiate e devastate.78
Ora, mio nonno, che era originario di quei luoghi e che è stato deportato dai tedeschi perché si rifiutò di collaborare e che tornò a casa orrendamente mutilato (quindi gli nego ogni forma di indulgenza verso fascismo, razzismo o scemenze simili), ogni volta che in spiaggia passava un marocchino con le sue mercanzie, senza dirmi nulla e cercando di dissimulare il meglio che gli era possibile, mi prendeva per mano o mi abbracciava sino a quando il povero ambulante non fosse passato. La sensibilità dei bambini e la loro intelligenza emotiva però è stata sufficiente per farmi ricordare con esattezza quei momenti, di cui adesso conosciamo tutti il motivo.
Pensate anche solo per un attimo a tutto questo, il prossimo 25 aprile, il prossimo 2 giugno, il prossimo 8 settembre, quando leggerete sui giornali delle celebrazioni, dei discorsi, delle parate…
I libri spesso non raccontano la verità, ma l’animo umano non può scordare e non riesce a mentire.
Temo che qualcosa del genere stia succedendo anche in questa epoca e mi piacerebbe averne conto prima che, tra 80 anni, qualche topo di biblioteca non ne rinvenga i documenti declassificati e occultati a dovere in luoghi semi inaccessibili di qualche archivio periferico. Per questo ringrazio il ricercatore indipendente Marco Pizzuti al cui lavoro mi sono ispirato.
NOTA: se qualcuno desiderasse approfondire l’argomento, mi chieda le fonti e sarò felice di fornirle.
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