Strategia Farm to Fork
Attualmente, a livello globale, viene prodotto cibo per 12 miliardi di persone, anche se che gli esseri umani su questo pianeta non superano i 7,5 miliardi. Il problema quindi non è più la quantità del cibo ma la qualità (mangiamo tanto e male) e la distribuzione: il cibo non riesce a raggiungere tutte le popolazioni affamate.
A rivelare questo è molto altro è Luca Falasconi, Docente di Politica agraria e Sviluppo rurale all’Università di Bologna e co-fondatore del progetto antispreco Last Minute Market.
Last Minute Market è una spin off dell’Università di Bologna che nasce per affiancare la Grande Distribuzione Organizzata nel recupero delle eccedenze alimentari e per promuovere un’azione di sviluppo locale sostenibile, con ricadute positive a livello ambientale, economico e sociale. Questa sua attività contribuisce a sopperire alle necessità materiali delle fasce più fragili dei cittadini e assume anche un’interessante valenza educativa nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica alle problematiche dello spreco incentivando il consumo consapevole.
Temi questi che da qualche tempo sono divenuti molto cari anche all’Unione Europea, che ha elaborato una strategia denominata Farm to Fork (a noi nota già da una trentina d’anni con la formula: Dal produttore al consumatore), nel più ampio e stravolgente disegno noto come Green Deal.
Prima di analizzare come tutto questo ci cambierà la vita (e la cambierà eccome!) è necessario sapere che il Green Deal è un progetto trentennale che porterà l’Europa ad essere il primo continente a impatto zero. Un piano da migliaia di miliardi che coinvolge le industrie, l’agricoltura, il settore dei trasporti, la ricerca e il settore energetico. Gli strumenti che la UE mette a disposizione sono sempre gli stessi: Bandi e leggi. Per saperne di più seguite questo Link
Secondo la UE Il Green Deal europeo accrescerà il benessere e migliorerà la salute dei cittadini e delle generazioni future offrendo:
· Aria e acqua più pulite
· Terreni più sani
· Edifici più efficienti
· Cibo più sano a prezzi accessibili
· Più trasporti pubblici
· Energia pulita
· Prodotti più durevoli e riciclabili
· Posti di lavoro più confortevoli
· Più biodiversità
Più tardi vedremo che tutti questi obiettivi la UE intende raggiungerli con investimenti faraonici in tecnologia. In breve si vuole sfruttare la tecnologia per riportare la natura al suo equilibrio, che però ha perduto proprio a causa degli interventi tecnologici dell’uomo. Se non fosse folle, sarebbe geniale!
Nel documento, infatti si legge: “… a questo dovrà accompagnarsi la diffusione capillare della tecnologia, perché la cosiddetta agricoltura di precisione gioca un ruolo fondamentale, sia all’interno della nuova PAC sia della strategia Farm to Fork, per rendere il sistema agricolo più sostenibile.” Di fatto, quindi, OGM e tecnologia sono le armi per restituire a tutti noi il nostro pianeta il più naturale possibile. Grosso modo come fanno certe donne in età matura, quando si rigonfiano le tette con il silicone per tornare a sembrare più giovani e belle.
Ad ogni modo, all’interno del Green Deal, la strategia Farm to Fork è basilare. Presentata ufficialmente il 20 maggio 2020 ha due obbiettivi principali
1. la riduzione dei pesticidi in agricoltura
2. l’aumento della quota del biologico nella produzione complessiva
Da Bruxelles ci fanno sapere che, produrre in modo più sostenibile e sano, consoliderebbe la posizione dell’Europa come punto di riferimento per gli standard alimentari a livello globale. Se questo fosse vero però, non si spiega come mai negli ultimi quindici anni il parlamento dell’Unione abbia lavorato nel verso opposto, cancellando cibi di gran qualità come il Grana (permettendo il fenomeno del sound smelling con il Parmesan), la Mozzarella (denominazione non più protetta) e accordando ai produttori di caseari di mettere in commercio formaggio creato senza il latte, la cioccolata senza il cacao, il basilico genovese (prodotto in Cile con la dicitura “basilico genovese”), diversi vini (solo in Italia è sparito il Tocai e il Prosecco adesso è insidiato dal Prosek), molti insaccati e soprattutto il latente incubo degli OGM verso i quali la UE ha sempre mostrato grande simpatia e che compaiono nel documento sotto un ipocrita acronimo: NBT (New Breeding Tecniques). Occultamento che rende palese la consapevolezza di essere malintenzionati e che darà origine al monopolio sulle sementi (il Soyalism), il quale potrà estendere i propri tentacoli fino alle più comuni varietà vegetali che oggi troviamo nell’orto della zia, con la conseguente dipendenza degli agricoltori dalle Big 4. Non è questa una teoria cospirazionista partorita da uno scappato di casa, è una realtà allarmante che viene segnalata da più parti, segnatamente dal portale Great Italian Food Trade, per voce dell’Avvocato PhD in diritto alimentare internazionale Dario Dongo e dall’Avvocato Marina De Nobili, anch’essa specializzata in diritto alimentare.
Per non parlare delle quote latte, delle quote dei vigneti ecc. che di fatto vedono nella commissione UE (costituita da non eletti, è bene ricordarlo) l’unico vero titolare dei permessi di produzione agricola nel nostro Paese, già a suo tempo devastato dai contributi per la non coltivazione dei terreni agricoli.
Se poi questi obiettivi di impatto zero vi sembrassero troppo ambizioni, allora dovreste sapere che, invece, Slow Food, ha espresso dei dubbi sugli obiettivi fissati, considerandoli non abbastanza ambiziosi. In particolare, la riduzione del 50% dell’utilizzo dei pesticidi viene considerata insufficiente per contrastare l’estinzione degli impollinatori, che mette a grave rischio l’intero sistema alimentare. Per l’associazione che sostiene il cibo buono, pulito e giusto, la riduzione avrebbe dovuto essere dell’80% entro il 2030, fino a raggiungere una completa eliminazione dei pesticidi sintetici entro il 2035.
Pare quindi che per il prossimo mezzo secolo, i soli ad essere veramente soddisfatti saranno i produttori di tecnologia agricola (trattori a guida automatica, droni per il monitoraggio aereo, sensori per il monitoraggio della terra, delle foglie ecc. strumenti per la rilevazione di malattie o delle qualità organolettiche, utensili e robot per la lavorazione dei prodotti, sistemi di conservazione e trasporto attraverso la catena del freddo...)
Adesso, domandiamoci quali sono le aziende che già da qualche tempo sono impegnate nella ricerca, progettazione e realizzazione di tecnologia agricola. Vi do un aiutino: sono multinazionali la cui ragione sociale è AG